mercoledì 13 dicembre 2017

Cristianesimo: Santa Lucia ed i Suoi Occhi

Lucia nasce a Siracusa tra il III e il IV secolo. Di nobili origini, Lucia vede la sua infanzia tragicamente segnata dalla morte del padre, da allora Lucia trascorrere la sua infanzia sotto lo sguardo e le cure affettuose della madre Eutichia. Non ama la vita oziosa e spensierata che conducono i giovani dell’ambiente ricco e patrizio. Educata alla rettitudine, alla pietà e alla carità, Lucia si apre dolcemente alla luce suprema del Vangelo e nel suo cuore si faceva strada il desiderio sempre più intenso e prepotente di consacrarsi interamente al suo celeste Sposo.

Adolfo Wildt (1868-1931) Santa Lucia


Il 5 febbraio 301, Lucia e la madre Eutichia giungono a Catania, giorno della festa di Santa Agata per pregare sulla tomba della martire per la salute cagionevole della madre. A Sant’Agata, Lucia promise di dedicare la vita a Dio in cambio della guarigione della madre. Durante la Messa si diede lettura del passo del Vangelo di Matteo riguardante l’avvenuta guarigione di una povera donna, che aveva un flusso di sangue continuo (come la madre di Lucia) conseguita al semplice tocco del lembo della veste del Signore. All’udire quell’episodio evangelico, Lucia, rivolta alla madre, disse:  “La martire Agata, serva del signore, ha presso di Lui libero accesso e sarai guarita per sua intercessione se toccherai fiduciosa il sepolcro di lei.
 Terminata la funzione religiosa, si avvicinarono al sepolcro e si prostrarono pregando a lungo. L’anima di Lucia si dischiuse tutta in fervida preghiera e, cadde in estasi. Come in un sogno le apparve Sant’Agata glorificata tra due angeli: “Lucia, sorella mia, perché chiedi a me quel che tu sei in grado di ottenere per altri? Ecco, tua madre sarà sana per la tua fede. E come per mezzo mio viene beatificata la città di Catania, così per mezzo tuo sarà salvata la città di Siracusa”. Lucia svegliatasi da così radiosa visione disse alla madre: “Madre, la nostra preghiera, per intercessione di Sant’Agata, è stata esaudita. Per grazia di Cristo, ecco tu sei guarita”.
Quello stesso giorno Lucia rivelò alla madre la sua ferma intenzione di intraprendere la vita monacale. Ritornate a Siracusa, Eutichia, risanata nel corpo, e Lucia cominciarono a vendere ogni cosa, distribuendo il ricavato ai poveri. Tutto ciò non passò inosservato al giovane di religione pagana innamorato di Lucia e che ne ambiva la mano, questi deluso per il mancato matrimonio, non esitò a denunziarla all’arconte Pascasio, accusandola di prestare culto a Cristo e disobbedire così alle norme dell’editto di Diocleziano. Lucia fu così arrestata e condotta dinanzi a Pascasio confermò il suo credo e i suoi sentimenti rifiutandosi di fare sacrifici agli dei:
Io obbedisco alla legge del mio Dio, come te a quelle dei Cesari tu porti rispetto ai tuoi Superiori. Io rendo omaggio al mio Signore; se tu non Vuoi offendere i Cesari, vorrò forse io offendere Iddio? Tu ti studi di piacere agli imperatori, io voglio piacere solo a Dio,.fa dunque quello che credi sia giusto per te, io opero secondo l’animo mio e secondo i miei princìpi”.
Pascasio le domandò: “Dentro di te c’è dunque lo Spirito di Dio?”
Lucia rispose con le parole di San Paolo: “Coloro che vivono castamente e piamente sono tempio di Dio; lo Spirito Santo abita in essi”.
Allora Pascasio la minacciò: “Troverò bene il modo di cacciare da te questo Spirito che tu proclami Santo. Ah, tu vuoi dunque restare fedele sposa del tuo Dio? Ebbene, ti costringerò a subire violenze inaudite. Vedrai come fuggirà da te questo Spirito Santo, se è vero che lo porti nel cuore”.
Detto ciò comandò ai suoi soldati che la violentassero, ed loro vi provarono nei modi più brutali, ma inutilmente. La legarono con delle funi alle mani e ai piedi e tutti insieme presero a tirare inutilmente; provarono allora a trascinarla con un paio di buoi ma la fragile fanciulla restava immobile come una roccia. Allora Pascasio diede ordine di cospargere il corpo di corpo di Lucia con pece ed olio e di darle fuoco, ma le fiamme non la lambivano.
Queste fiamme non possono bruciarmi, Pascasio, perché i credenti devono conoscere la forza dimostrativa del martirio e perché i non credenti devono essere confusi e molti di loro, abbandonato l’orgoglio, possano credere e umiliarsi dinanzi al Signore”. Ecco che Sant’Agata giungeva, ecco che la invitava. “È giunta la mia ora. Colpisci, Pascasio. e io morrò. Ma ti annunzio che la pace sarà restituita alla Chiesa di Dio. Diocleziano e Massimiano passeranno, e il Cristianesimo continuerà a diffondersi”.
Lucia cadde in ginocchio come in atto di preghiera e la violenta spada penetrò in quelle teneri carni recidendo il capo. 
Era il 13 dicembre 304.
 Santa LuciaDomenico di Jacopo di Pace, il Beccafumi  (1486-1551)
ca. 1520 - Pinacoteca Nazionale di Siena
Una notevole discordanza si rileva quanto al supplizio di Santa Lucia: gli Atti greci dicono che fu decapitata, mentre la tradizione latina, ritiene Santa Lucia fu trafitta al collo. 
Nei momenti più tragici della storia di Siracusa Santa Lucia ha sempre manifestato il suo costante patrocinio verso la sua terra e i suoi concittadini. Uno dei tanti segni della sua intercessione presso il Signore è quello del prodigioso sudore del simulacro marmoreo che la raffigura morente, collocato presso il suo sepolcro: era il mese di maggio 1735 e Siracusa, sotto giogo austriaco, era ormai da molti mesi stretta nell’assedio degli spagnoli, la popolazione stremata ed indifesa era in preda alla disperazione. Santa Lucia non poteva restare estranea a tanta sofferenza e rincuorò i siracusani con il segno del sudore di quell’immagine che la raffigura morente dopo la prova del martirio: eloquente messaggio della sua solidarietà al martirio che stava subendo il suo popolo.
Ma ecco la descrizione del fatto nella testimonianza rilasciata al Tribunale Diocesano da uno dei Frati del Convento di S. Lucia:
[…] ritrovandosi detto Padre di residenza nel sopra-detto Convento, giorno 6 del passato Maggio, scendendo col Vicario del suddetto Convento, in compagnia di tre ingegneri Spagnuoli ed un Terziario del Terzo Ordine del P. San Francesco, nel Sepolcro di S.ta Lucia si accorse uno degli ingegnieri di certo splendore che spiccava dalla faccia dell”immagine di marmo di detta Santa, e del medesimo lustro o splendore disusato se ne accorse pure il suscritto Predicatore unitamente col Padre Vicario ed attribuendolo per allora ad effetto o dei cristalli posti d’innanzi la statua o di qualche umidità dell’aria si determinò o di scenderla da quel luogo o di coprirla o di discenderla da quel luogo e metterla al sicuro altrove. Venuti poi il secondo giorno lì 7 del suddetto Mese i riferiti Ingegnieri col P. Nicolò Terziario mandati dal Maresciallo per custodire con qualche difesa di legna e tavole la statua suddetta dal pericolo delle bombe e palle, si accorsero del medesimo splendore e per maggiormente accertarsi del vero, salì detto Padre col P. Vicario, ed uno degli Ingegnieri, e levati colle proprie mani i due cristalli si accorse che la fronte della statua grondava in gran copia gocciole di sudore appunto come ceci, a qual spettacolo si pose a piangere non potendo trattenere le lagrime, molto più quando osservò che tutto il resto del marmo era asciutto, attribuendolo tutti a uno strano portento. Onde uno di quegli Ingegnieri togliendosi dal capo un fazzoletto cominciò ad asciugarla ed il suddetto Padre come che avea cura della sagrestia non trovandosi addosso fazzoletto bianco prese una manica del camice, ed una tovaglia d’altare, e si pose unitamente col P. Vicario ad asciugarla, lasciandola totalmente asciutta. E perchè l’ora era tarda non si potè mettere in esecuzione lo che pretendevano i Signori Ingegnieri, molto più che mancarono gli operai necessari a tal fatica. Onde si ricoprì coi due cristalli con animo di ritornarvi l’indomani; come in effetto 11 terzo giorno dì 8 di Maggio ritornato l’Ingegniere in compagnia del P. Vicario e del detto Padre ed un altro Ingegniere si accorsero tutti che la statua seguiva a grondare da per tutto un copioso sudore, e specialmente dalla faccia, la quale sembrava al Relatore come una faccia d’Operaio, che trasuda qualor fatiga sotto i raggi del sole in tempo d’estate, e si djffondeva in tanta copia l’umore, che scorreva dalla fronte e faccia, che riempì tutto il fondo delle piegature delle vesti, come pure si vedevano bagnate le mani ed anche i piedi, ed il resto, come si è detto, dei marmi fu osservato dagli ingegnieri e dal relatore sempre asciutto. Onde uno degli ingegnieri uscito un fazzoletto mondo e delicato, che forse aveva portato per tale effetto cominciò ad asciugare la faccia di detta Immagine, ed il fazzoletto se lo portò via, lo che fece anche detto Padre e col P Vicario con quella manica di camice, quale si conserva in detto Convento con una tovaglia del medesimo Altare. E coperta già la statua con doppia custodia di tavole e travi ben grossi, dopo lo spazio di 26 giorni circa, si tolse quella difesa di legna, e si trovò la statua asciutta, ed asciutte le tovaglie, colle quali era involta, spargendosi, frattanto per tutto il Campo che la Statua di marmo di S. Lucia aveva più volte sudato, perchè vi fù un gran concorso d’Ufficiali, Soldati e specialmente dell’Ecc.mo Sig.r Marchese di Grazia reale. Perciò ha detto ed attestato quanto di sopra cum juramento fatto, pectore more sacerdotali. Ego Fr. Michaelangelus a Siracusis testore ut S.a D.n Franciscus Salvaloco V. Cancellarius. Il 30 maggio 1735 Siracusa finalmente ottenne pace.


Il corpo di Santa Lucia fu sepolto nel preesistente cimitero paleo-cristiano, sotto il monastero.
Il culto tributato a Santa Lucia è molto antico, come è testimoniato dalla celebre iscrizione di Euskia, rinvenuta il 22 giugno 1894 dall’archeologo italiano Paolo Orsi (1859-1935) durante le esplorazioni nelle Catacombe siracusane di San Giovanni e da lui datata V sc C.E. L’epigrafe in lingua greca, tradotta in italiano, recita:
“Euskia, la irreprensibile, vissuta buona e pura per anni circa 25, morì nella festa della mia Santa Lucia, per la quale non vi ha elogio condegno; (fu) cristiana fedele, perfetta grata al suo marito di molta gratitudine”.
San Zosimo, (VII secolo) divenuto poi vescovo di Siracusa, era un giovane monaco considerato inetto ed incapace dall’abate e dagli altri monaci, per questo gli era stato affidato il compito di “guardiano della tomba” di Santa Lucia perché considerato i e per questo la custodia della tomba di Santa Lucia a Siracusa. Quando morì l’abate invece il vescovo nominò proprio Zosimo come successore dimostrando grande saggezza e virtù nella direzione del monastero.
Il generale bizantino Giorgio Maniace (998-1043), entrato a Siracusa alla testa delle sue truppe nel 1038, saputo il luogo di sepoltura del corpo di Santa Lucia pensò di trasportarlo a Costantinopoli per farne omaggio all’imperatrice Teodora. In quell’occasione furono tolti al corpo della Santa il velo, la veste e le scarpette: il velo, di seta finissima bianca listato da strisce color zafferano; la veste, a forma di tunica lunga e stretta alle spalle e molto ampia in basso di seta finissima color porpora, arabescata con foglie e fiori del medesimo colore; calzature di pelle sottile foderate di raso rosso e con stringhe di cuoio, oggi custoditi in apposite teche presso il Duomo di Siracusa.
Con la caduta di Costantinopoli ad opera dei Crociati, nel 1204, il Doge Enrico Dandolo fece traslare il corpo della Santa a Venezia dove attualmente è custodito nella Chiesa di San Geremia.
Nel XVII sec. l’architetto Giovanni Vermexio, per incarico del Senato, costruì il tempio ottagonale che custodisce il sepolcro di S. Lucia. Ai piedi del sepolcro si trova una pregevole scultura: Santa Lucia morente del fiorentino Gregori Tedeschi (1634), scultura protagonista del prodigio del sudore miracoloso.
Durante i secoli Siracusa è venuta in possesso solo di alcune reliquie: il gesuita P. Bartolomeo Petracci donò al Senato di Siracusa la reliquia consistente in tre frammenti di costole che ora è racchiusa in una teca d’oro posta nel petto del simulacro di S. Lucia, p.Innocenzo Marcinò, (guardiano e provinciale dei Cappuccini di Siracusa divenuto in seguito Ministro Generale dell’Ordine) riuscì a procurare a mons. Capobianco, Vescovo di Siracusa, due altre reliquie consistenti in due frammenti di un braccio. Queste reliquie sono racchiuse in un pregevole reliquiario fatto eseguire dall’Arcivescovo Carabelli. In una teca d’argento è custodito un pezzo di osso dell’avambraccio portato in dono dal Patriarca di Venezia Monsignor Marco Cé, in occasione della sua venuta a Siracusa durante la festa di S. Lucia nel 1988.



Considerazione:
Il nome di Lucia è collegato etimologicamente al latino lux luce, che per metonimia indica anche la vista. La festa di Santa Lucia è stata da sempre celebrata anche come festa della luce. Oltre che per la vicinanza etimologica del nome della santa con la parola luce, infatti, la festività cade in un momento dell’anno particolare, quando cioè le ore di luce della giornata toccano il minimo annuale, rendendolo il giorno più corto dell’anno. Santa Lucia l’è el dì pussée curt che ghe sia, recita un antichissimo proverbio lombardo: dal giorno successivo, però, le giornate riprendono ad allungarsi sancendo così il trionfo della luce sulle tenebre invernali. Quindi festeggiando Santa Lucia, si celebra solo la morte di una Santa o in realtà di nuovo all’interno di una festa cristiana viene inserito un contesto pagano di celebrazione di rinascita del dio Sole che culminerà con i festeggiamenti di yule tra il 19 e il 23 dicembre, trasfigurati nel Natale?

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